Testimone d’accusa

VANESSA GRAVINA GIULIO CORSO
con la partecipazione straordinaria di
PAOLO TRIESTINO
in
TESTIMONE D’ACCUSA
di Agatha Christie
traduzione di Eduardo Erba
regia GEPPY GLEIJESES

MICHELE DEMARIA ANTONIO TALLURA SERGIO MANCINELLI, BRUNO CRUCITTI PAOLA SAMBO

FRANCESCO LARUFFA ERIKA PUDDU LORENZO VANITA’

SCENE ROBERTO CREA

COSTUMI CHIARA DONATO
ARTIGIANO DELLA LUCE LUIGI ASCIONE

MUSICHE MATTEO D’AMICO
AIUTO REGIA NORMA MARTELLI

LO SPETTACOLO E’ DEDICATO ALLA MEMORIA DEL M° GIORGIO FERRARA

Foto di scena TOMMASO LEPERA

Ufficio Stampa PAOLA ROTUNNO

Segretaria di compagnia MARIA LATTANZIO

Direzione amministrativa LUDOVICA PAGANO

distribuzione MARIANGELA DE RICCARDIS

consulenza generale MARIANO ANAGNI


Note di regia
Esiste la “commedia perfetta”? Forse sì. Secondo alcuni critici è “Il matrimonio di Figaro” di Beaumarchais, secondo altri è “L’importanza di chiamarsi Ernesto” di Oscar Wilde. Sul più bel dramma giudiziario però non ci sono dubbi: “Testimone d’accusa” di Agatha Christie. Il gioco non verte tanto sulla psicologia dei personaggi (ci aggiriamo tra simulatori occulti, assassini, grandi avvocati) quanto sulla PERFEZIONE del meccanismo. È infernale questo meccanismo, con un colpo di scena dopo l’altro, in un crescendo raveliano, una battuta dopo l’altra. E la costruzione “giudiziaria”?

Impressionante per precisione e verità, come se l’avesse scritta il più grande giudice inglese del secolo scorso. Lo spunto, come spesso accade nelle opere della Christie, parte dalla storia di una donna tradita dal marito più giovane; ed è uno spunto autobiografico. L’autrice fu tradita dal primo marito (di cui però portò sempre il cognome) e sposò poi un uomo molto più giovane di lei. Ma bastasse questo... Il film capolavoro che ne trasse Billy Wilder era assai liberamente tratto -la Christie lo considerava il miglior adattamento cinematografico della sua opera-. Il testo teatrale è assai più asciutto, non concede tregua alla tensione, affonda come una lama di coltello affilatissima (letteralmente) nella schiena di chi osserva. Considerare la “maestra del brivido” un’autrice di consumo è come valutare Hitchcock un cineasta di serie B. Agatha è un genio e tale per sempre resterà. E qui, più che in Trappola per topi, più che in Dieci piccoli indiani questo diamante luccica in tutto il suo splendore.

Naturalmente metterlo in scena richiede un cast di livello superiore e un realismo (non certo naturalismo) rigidissimi. E una dovizia di mezzi scenografici e recitativi. Io l’ho messo in scena con Giorgio Ferrara, un grande e carismatico attore in genere prestato alle grandi direzioni di Festival e teatri, con Vanessa Gravina, bella, bravissima e impossibile, Giulio Corso, uno dei migliori dell’ultima generazione, e altri 9 attori, tutti perfettamente aderenti ai ruoli. Per chiudere (ed essere più chiaro) vi anticiperò due particolari: in scena avremo lo stenografo che scriverà -con il particolare ticchettio- tutti i verbali del processo su una macchina stenografica autentica del 1948
(la commedia è del ‘53), i sei giurati saranno scelti tra il pubblico sera per sera, e chiamati a giurare e ad emettere il verdetto.

Buoni brividi a tutti!

Geppy Gleijeses

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